La minaccia nucleare 80 anni dopo 

di Maurizio Simoncelli 

Sono passati ottanta anni da quel 6 agosto del 1945 quando, al termine della seconda guerra mondiale, le città di Hiroshima prima e di Nagasaki poi furono annientate dalla bomba atomica.

Centinaia di migliaia di vite umane, quasi tutti civili, furono spazzate via in un momento e decine di migliaia di sopravvissuti, quelli che poi saranno noti come gli “hibakusha”, portarono sul proprio corpo per tutta la vita i segni indelebili di quell’aggressione.

Iniziava l’era nucleare e il mondo non sarebbe stato più lo stesso. Gli Stati Uniti per un breve periodo furono gli unici a possedere la superarma atomica, ma poi Urss, Gran Bretagna, Francia e Cina se ne dotarono anch’esse. Per evitare un’ulteriore corsa agli armamenti nucleari fu firmato il Trattato di Non Proliferazione - TNP, a cui hanno aderito ben 191 Paesi. Tuttavia successivamente in un modo o in un altro, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele se ne dotarono illecitamente.

Comunque sia, nell’epoca della Guerra Fredda il TNP riuscì a esercitare un freno, insieme ad accordi come l’Open Skies (Cieli aperti) e altri (SALT, START, ecc.), sulla corsa agli armamenti nucleari, mantenendo aperti canali di comunicazione e di confronto tra americani e russi, che nel XXI secolo sono stati via via cancellati o chiusi.

Il progressivo deterioramento nelle relazioni internazionali e l’opzione politica per un crescente confronto “muscolare” ha portato alla situazione attuale in cui, oltre alle minacce aperte, assistiamo a palesi violazioni delle norme del TNP attraverso azioni militari unilaterali  (vedi l’attacco israeliano/statunitense all’Iran) in nome di una non-proliferazione che è sì un impegno previsto nel TNP, ma collegato all'impegno per le potenze nucleari a intraprendere azioni di disarmo dei loro ipertrofici arsenali.

A complicare ancor più il quadro, a livello UE aumenta l'agitazione e si moltiplicano le voci dei leader (il polacco Donald Tusk, il francese Macron e il tedesco Merz, oltre alle offerte di collaborazione dell'altro Paese nucleare in Europa, la Gran Bretagna) che invocano l’atomica europea, per un’improbabile deterrenza rispetto alle migliaia di testate delle due superpotenze, Russia e Stati Uniti. Nel clima del Rearm Europe, si immagina un ruolo nucleare per una UE, divisa peraltro tra 27 eserciti e con 27 stati maggiori, altrettanti premier, ministri della difesa e ministri degli esteri.

Nel frattempo, i progressi tecnologici nell'ambito nucleare (imminente e totalmente imprevedibile nelle sue conseguenze la paventata applicazione ad esso dell'Intelligenza Artificiale) hanno portato a sviluppare vari modelli sia di testate sia di missili negli arsenali di Russia e Stati Uniti, che detengono il 90% del totale mondiale. 

La potenza delle cariche è stata diminuita a vantaggio della precisione e molteplicità delle testate, così come della velocità ipersonica dei vettori, allo scopo di poter usare le une e gli altri più efficacemente in aree circoscritte. Un’altra spinta verso la liquidazione del tabù nucleare che –  come ricordava il premio Nobel per l'economia Thomas Schelling – costituisce, nella tragedia, l'“eredità di Hiroshima" che nel dopoguerra ha moderato i rapporti strategici, in particolare tra Mosca e Washington. 

L'area più a rischio resta l'Europa. Dall’invasione dell’Ucraina Putin ha minacciato più volte l’impiego della Bomba e, dal punto di vista della dottrina, tanto la Nuclear Posture statunitense quanto quella russa, sono assai ambigue in merito.

Le armi nucleari di teatro o a medio-corto raggio, non intercontinentali, poi sono state espulse dalle intese del Cremlino e della Casa Bianca con la fine del Trattato degli antimissili balistici (ABM) nel 2002 a seguito della denuncia statunitense e la questione rimane tuttora irrisolta. È di questi giorni lo scambio di minacce in cui si sono esibiti l'ex presidente russo Dmitry Medved e il presidente USA Donald Trump, il primo resuscitando la "manomorta" automatica di una reazione nucleare di Mosca e il secondo replicando con l'annuncio dello spostamento di sottomarini (presumibilmente dotati di armi nucleari) nelle vicinanze della Russia.

Il confronto muscolare (sia pure retorico) e la diffusa delegittimazione del diritto internazionale rendono lo scenario internazionale sempre più preoccupante. Non sembra aver insegnato nulla all’umanità la tragica esperienza di Hiroshima e Nagasaki ottanta anni fa.