Il terribile massacro nella scuola del Connecticut ripropone ancora una volta all'attenzione dell'opinione pubblica la questione del controllo della vendita delle armi sia negli Stati Uniti, sia nel mondo. Le forti resistenze della "lobby delle armi" e gli interessi economici connessi hanno sempre impedito negli USA una legislazione più stringente ed attenta.

A livello mondiale, il valore annuo dei trasferimenti legali di armi leggere e di piccolo calibro, compresi accessori, ricambi e munizioni, supera gli 8,5 miliardi di dollari (oltre il doppio rispetto al valore del 2006). Oltre 1.000 imprese, distribuite in 100 paesi, le producono. Si calcola che nell'ultimo cinquantennio ne siano state prodotte tra i 36 e i 46 milioni di pezzi, con una produzione annuale stimata tra le 700 e le 900.000 unità, di cui 530/580.000 prodotte sia sotto licenza regolare sia irregolarmente.

Tra i primi 15 principali produttori mondiali si trovano Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Germania, India, Italia, Corea del Nord, Pakistan, Russia, Svizzera, Turchia, Gran Bretagna e Stati Uniti.

Durante i lavori della recente Conferenza sull'Arms Trade Treaty (ATT), tenutasi presso l'ONU nello scorso luglio per una normativa mondiale di controllo dell'export (analoga a quella già vigente in Europa), la "lobby delle armi" statunitense ha fortemente premuto sul presidente Obama affinché non firmasse alcun accordo. Infatti, il 26 luglio 2012, ben 51 senatori (43 repubblicani e 8 democratici) hanno inviato una lettera al Presidente Obama e al Segretario di Stato Clinton contro l’adozione del Trattato, poiché secondo loro avrebbe messo a rischio il secondo emendamento della Costituzione, relativo al possesso di armi da parte di ogni cittadino. Dato che per la ratifica dei trattati è necessaria una maggioranza qualificata di due terzi dei componenti e il Senato è composto da 100 membri, il segnale era chiaro e Obama, peraltro sotto elezioni, ha dovuto bloccare ogni possibile accordo in merito (trovando peraltro analoghe posizioni presso paesi come Cina e Russia, seppur con motivazioni diverse).

Il fallimento della conferenza mondiale sull'ATT (trattato per il cui sostegno il ministro Terzi ha fatto un comunicato congiunto con altri ministri degli esteri europei anche nello scorso settembre) si lega strettamente anche alle resistenze dei produttori statunitensi che condizionano non solo la vita quotidiana della società americana, ma anche la sicurezza mondiale.

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Maurizio Simoncelli
Vicepresidente
Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo (IRIAD)