Analisi | L'opinione pubblica palestinese e la guerra a Gaza. Pubblicati i risultati del nuovo sondaggio del Palestinian Center for Policy and Survey Research
L’opinione pubblica palestinese e la guerra a Gaza.
Pubblicati i risultati del nuovo sondaggio del Palestinian Center for Policy and Survey Research
di A. Ricci
Il 6 maggio 2025 sono stati pubblicati i risultati dell’ultimo sondaggio condotto dal Palestinian Center for Policy and Survey Research (PCPSR) tra la popolazione palestinese di Gaza e Cisgiordania. Il campione, statisticamente rappresentativo, è di 1270 persone di cui 830 intervistate in West Bank e 440 nella Striscia. Il rapporto, comprensivo della metodologia utilizzata, è disponibile online. Il dato più eloquente è il costante calo di fiducia nei confronti di Hamas, della sua leadership e della possibilità che il movimento islamista possa prevalere nella guerra contro Israele. Si tratta di un trend già rilevato nei mesi scorsi, ma che ora tocca i suoi minimi storici.
A un anno e mezzo dall’inizio del conflitto, solo il 48% dei palestinesi considera “corretta” l’offensiva del 7 ottobre, con un calo complessivo di 22 punti percentuali rispetto alle prime rilevazioni (fig. 1). È la prima volta che il consenso non raggiunge la maggioranza, segnale evidente di una disaffezione crescente verso il significato e l’efficacia di quell’azione.
Disaggregando le risposte tra i rispondenti delle due aree palestinesi si nota come il consenso sia generalmente più alto – continuando a rimanere tale nel corso dei mesi – in Cisgiordania rispetto alla Striscia di Gaza. Nella rilevazione di maggio 2025 mentre il consenso a Gaza è del 37%, in Cisgiordania rimane ancora maggioritario (59%), pur rappresentando il valore più basso dall’inizio dell’offensiva (tab. 1).
Anche il sostegno politico a Hamas ha conosciuto un netto declino nel corso del conflitto (fig. 2). Nei primi mesi di guerra aveva toccato livelli record, sia a Gaza che in Cisgiordania (area nella quale è al governo da un trentennio l'Autorità Palestinese, sia pure con numerosi contrasti). Ma in 18 mesi dall’inizio delle ostilità, il quadro è cambiato: nella Striscia, solo poco più di un terzo della popolazione continua a dichiararsi favorevole al movimento islamista, mentre in Cisgiordania il calo è stato costante nell’ultimo anno, benché il valore sia sostanzialmente più alto rispetto a quello prebellico.
Anche le aspettative su una possibile vittoria di Hamas toccano il minimo storico: solo il 40% dei palestinesi ritiene oggi che il movimento possa uscire vincitore dal conflitto. Allo stesso tempo, non aumenta la convinzione che sarà Israele a prevalere: da dicembre 2023 a oggi, la percentuale ha oscillato tra l’11% e il 18%. A crescere in modo significativo è invece la quota di chi non vede alcun vincitore possibile: questo gruppo è più che raddoppiato dall’inizio della guerra (fig. 3). Tale dato suggerisce che la percezione del conflitto non è rigidamente polarizzata tra Hamas e Israele con più di un terzo degli intervistati che esprime scetticismo sul successo di uno dei due protagonisti del conflitto in atto.
Disaggregando le risposte delle due regioni (tab. 2), si nota ancora una forte distinzione tra i rispondenti della Striscia e quelli della Cisgiordania. Sin dall’inizio delle rilevazioni, la prospettiva di una vittoria di Hamas nel conflitto non ha mai riscosso grandi aspettative nella popolazione della Striscia. Il valore più alto si è registrato a circa 100 giorni dall’inizio del conflitto, a marzo 2024, con un picco del 56%. In quelle settimane, la possibilità di una tregua tra le parti, così come un’importante presa di posizione da parte dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC), può aver avuto un effetto galvanizzante sulla popolazione di Gaza.
Il protrarsi delle ostilità e le gravi conseguenze umanitarie hanno ribaltato il quadro: oggi, solo il 23% dei gazawi ritiene che Hamas possa uscire vincitore. La percentuale di chi ipotizza una vittoria israeliana, invece, ha oscillato intorno al 30%. In Cisgiordania, la situazione è diversa: la fiducia in una vittoria di Hamas, ha subito un netto ridimensionamento di 27 punti percentuali, pur mantenendosi maggioritaria (56%). Al contrario, la possibilità di un successo israeliano è sempre stata considerata poco probabile, raggiungendo appena il 6% nell’ultima rilevazione. Come detto, cresce in modo significativo la convinzione che nessuno dei due schieramenti prevarrà nel conflitto. Questa opzione ha raggiunto il suo massimo storico in entrambe le regioni, pur con uno scarto rilevante tra i due territori: 46% a Gaza e 29% in Cisgiordania.
La disaffezione nei confronti della lotta armata emerge con chiarezza anche quando si chiede quale sia, secondo i palestinesi, il modo migliore per porre fine all’occupazione e ottenere uno Stato indipendente. Se a dicembre 2023 la maggioranza (62%) indicava il conflitto armato come via preferibile, oggi il quadro è completamente cambiato: il 56% della popolazione esprime la sua preferenza per soluzioni non violente. Di questi, il 35% punta sulla strada negoziale, mentre il 21% preferisce la resistenza popolare pacifica (fig. 4).
In questo caso tra le due aree palestinesi non si segnalano differenze rilevanti (tab. 3). La preferenza per una soluzione militare ad una non armata o diplomatica appare comune ad entrambe. Nonostante ciò, in Cisgiordania la risoluzione militare si mantiene sul 48%, mentre a Gaza a maggio 2025 tocca il suo minimo storico (31%). Da notare anche come, negli ultimi nove mesi, sia rimasta stabile al 40% la quota di gazawi che individuano nella diplomazia la strada migliore per risolvere la questione.
La stragrande maggioranza dei palestinesi (88% in Cisgiordania e il 69% nella Striscia) non crede che la guerra giungerebbe al termine se Hamas accettasse di disarmarsi. Allo stresso modo, non è ritenuta valida dagli stessi rispondenti (82% in Cisgiordania e dal 60% a Gaza) l’ipotesi secondo cui se Hamas accettasse di rilasciare gli ostaggi, Israele porrebbe fine all’invasione ritirandosi da Gaza. Secondo gli analisti del Palestinian Center, risiederebbe in questa convinzione la forte contrarietà dimostrata dai rispondenti rispetto al disarmo di Hamas (77%) e all’allontanamento della sua leadership dalla Striscia (65%).
Infine, il supporto per la cosiddetta soluzione a due Stati rimane ancora minoritaria nell’opinione pubblica palestinese. In questo caso le percentuali tra le due regioni tendenzialmente si equivalgono mantenendosi in media tra il 30% e il 40% (fig. 5). Nel report originale si legge che il supporto per tale tipo di soluzione è solitamente correlata ad una valutazione di pratica fattibilità del piano da parte dei rispondenti. L’ultima rilevazione riscontra che il 64% dei rispondenti (+8% rispetto a settembre 2024) la ritiene impossibile, soprattutto a causa dell’espansione dei coloni israeliani nei territori occupati.
Su questo aspetto, gli analisti del PCPSR sottolineano che il consenso cresce sensibilmente quando si propone la creazione di uno Stato palestinese entro i confini del 1967, senza esplicitamente collegarla alla formula della “soluzione a due Stati”. In questo caso, il supporto sale al 61%, con un picco del 66% in Cisgiordania e del 54% nella Striscia. Un risultato simile si osserva quando l’opzione viene presentata accanto ad altre alternative: in questo scenario, la proposta di uno Stato palestinese indipendente ottiene il 47% delle preferenze, superando nettamente sia l’idea di una confederazione di Stati (15%) sia quella di uno Stato unico con pari diritti per ebrei e palestinesi (14%) (fig. 6).
In conclusione, questi dati ci dimostrano come, ancora una volta, gli studi sull’opinione pubblica siano strumenti fondamentali per restituire un’immagine concreta delle persone coinvolte nel conflitto. I numerosi elementi, anche apparentemente contraddittori, che emergono dalle rilevazioni sono fondamentali per non "essenzializzare" un’intera popolazione, differente al proprio interno, tanto sul punto di vista politico quanto sociale. Esemplare in questo senso è la fiducia nei confronti di Hamas e la prospettiva di una risoluzione violenta del conflitto. La narrazione favorevole all’invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano tende a far coincidere la popolazione residente nella Striscia interamente con Hamas. Invece, proprio a Gaza si rileva, ormai da più di un anno, che la formazione islamista non ottiene il supporto che da un terzo della popolazione residente. In Cisgiordania, dove il supporto resta relativamente più alto, il dato può riflettere anche la sfiducia nei confronti dell’Autorità Palestinese, percepita come troppo passiva rispetto alla crisi in corso.
In definitiva, i sondaggi di opinione, effettuati secondo gli standard e con le cautele proprie dello strumento, sono utili per comprendere la voce dei protagonisti, cioè i cittadini palestinesi. I dati mostrano chiaramente che ridurre la popolazione palestinese a un blocco monolitico filo-Hamas è una distorsione pericolosa, alimentata da narrazioni strumentali e non rispettose della realtà. Una lettura più attenta di essa come quella offerta da queste rilevazioni è utile per comprendere le dinamiche nel loro contesto e loro completezza. Inoltre, un attento studio di questi dati può offrire un contributo prezioso non solo a livello internazionale, ma anche sociale e politico. Ignorare queste opinioni significherebbe eliminare dall’equazione proprio coloro che vivono ogni giorno le conseguenze del conflitto, le loro necessità e le prospettive per il futuro. Un futuro processo di pace e ricostruzione non può che tenere conto di queste prospettive, prendendo in considerazione – e coinvolgendo direttamente – la società civile, che pure esiste e dimostra di essere razionale anche dopo un anno e mezzo di conflitto e più di 50 mila vittime.