La smobilitazione russa dalla Siria

o smobilitazione della Siria?

di M. Taucci

Un esempio delle contraddizioni che caratterizzano il Medio Oriente è rappresentato dal tracollo della Siria. L’entrata a Damasco delle forze di Hay'at Tahrir ash-Sham (HTS) hanno posto fine al cinquantennale regime della famiglia al-Assad. La caduta di Damasco, frettolosamente presentata in Occidente come una “liberazione” (ad opera di una milizia già iscritta tra le organizzazioni terroristiche), ha dato vita a conseguenze politiche il cui peso sarà apprezzabile solo fra qualche tempo.

Con il ridimensionamento dello Stato siriano, Israele ha “perso” uno storico nemico geopolitico. Dal canto suo, la Russia ha perso il suo più stretto alleato in Medio Oriente. Oltre alla perdita strategica, Mosca ha dovuto fronteggiare una seria emergenza logistica, dovendo improvvisamente abbandonare le proprie basi in Siria.

Quanto a una questione specifica ma non banale come quella degli armamenti, la tradizionale presenza russa nel Paese aveva consentito, a detta del ministro della Difesa Shoigu, di testare circa 320 differenti tipi di armi. Il tutto per decine di unità aeree, centinaia di unità corazzate e soprattutto migliaia di armi leggere, dispositivi esplosivi e munizioni. Il nuovo governo di Damasco ha invitato la Russia a “riconsiderare” la propria posizione nel Paese . Il vertice di HTS Ahmad al-Sharaa (già noto con il nome di battaglia di al-Joulani) ha dichiarato che tutte le armi passeranno sotto il controllo dello Stato mentre i gruppi armati verranno smantellati ed entreranno a far parte dell’Esercito Nazionale (con un chiaro riferimento alle unità curde delle YPG/YPJ).

Negli ultimi giorni di dicembre del 2024, la BBC ha rivelato le immagini satellitari che mostrano la Russia spostare nelle proprie basi sul Mediterraneo una grande quantità di attrezzatture militari fatte confluire da Damasco e dalle aree settentrionali del Paese. Il 23 gennaio del 2025, due navi legate alle Forze Armate russe, la Sparta e la Sparta II, hanno attraccato nella base navale di Tartous. Di proprietà della Oboronlogistika LLC, sono entrambe sotto sanzioni da parte degli Stati Uniti per essere legate al trasporto di armi russe in Ucraina. In Libano, la destituzione di Bashar al-Assad ha fatto inalberare il flusso di armi leggere verso il Paese. Trafugate dai depositi, le armi siriane hanno invaso il mercato nero e un Kalashnikov può essere acquistato per soli 25 dollari. In parallelo al ritorno delle armi (e dei combattenti) di Hezbollah, lanciarazzi, fucili, pistole e munizioni hanno alimentato una rete transnazionale di criminali pronti a lucrare su questo business. Il trasferimento delle forze russe dalla Siria ha dato origine a un fiorente flusso di armi con il rischio di replicare quanto accaduto in Iraq prima e in Afghanistan poi a seguito del ritiro statunitense. Infine, di non secondaria importanza, è il destino delle migliaia di armi abbandonate dalle truppe leali alla precedente cricca di potere.

L’assenza di trasparenza e di un adeguato monitoraggio potrebbe portare alla diffusione di gruppi armati, aumentando la destabilizzazione della regione. Sebbene non sia confermato, è plausibile che le armi russe ritirate dalla Siria possano finire per alimentare i conflitti già esistenti come quello in Ucraina. Secondo alcune speculazioni, le forze filorusse operanti in Libia sarebbero un altro tra i destinatari delle armi siriane. In entrambi i casi, l’assenza di uno stretto controllo su questi trasferimenti rappresenta una minaccia alla stabilità dell’intera regione contribuendo a esasperarne i conflitti.