Negli ultimi anni parlare di non – proliferazione in Medio Oriente significava fare riferimento quasi obbligato agli sforzi compiuti dalla comunità internazionale per frenare le ambizioni della Repubblica Islamica di Iran in campo nucleare. In tempi recenti a tale questione è stata data una sistemazione attraverso il Joint Comprehensive Plan of Action, un accordo frutto di lunghi mesi di negoziazione che garantisce il legittimo accesso di Teheran all'energia nucleare prevenendo altresi, attraverso modalità suscettibili di verifica, che l'Iran acquisisca l'arma atomica.

Tale approdo, malgrado il prevedibile disappunto della leadership politica israeliana, è un bene per la stabilità e per lo sviluppo delle relazioni internazionali.

Tuttavia, guardare con occhio critico al Medio Oriente nella particolare e delicata dimensione della sicurezza (di cui la non – proliferazione ed il disarmo sono aspetti di rilievo) impone di valutare una annosa questione che gode di una minore risonanza mediatica: la creazione di una Zona Libera da Armi di Distruzione di Massa.

Con la presente ricerca, a cura di Daniel Angelucci, s'intende offrire in primis una panoramica delle politiche e delle notevoli difficoltà in cui da tempo è imbrigliata la regione (paragrafo 2). Successivamente, al fine di comprendere le peculiari problematiche inerenti al disarmo mediorientale, si procede a inquadrare la questione dal punto di vista storico, tracciando il percorso evolutivo del progetto in esame, dalla fase embrionale ai nostri giorni (paragrafo 3).

Sono poi analizzate le diverse ed articolate proposte, le opportunità e gli strumenti per l'evoluzione del progetto. L'idea di fondo è che l'abolizione delle armi di distruzione di massa in Medio Oriente passa dal superamento della diffusa diffidenza tra gli attori regionali mediante l'introduzione di strumenti per l'accrescimento graduale della fiducia reciproca (paragrafi 4, 5 e 6).

Andare oltre verso una fruttuosa negoziazione della Zona, anche se compito indubbiamente arduo, è impresa ancora possibile. É senz'altro necessario il contributo delle grandi potenze mondiali, ma risulta imprescindibile il lavoro congiunto e leale, in una ottica di profonda collaborazione degli attori regionali che devono assolutamente aprirsi al dialogo diretto.

 

Leggi la ricerca

Torna indietro